Alessandro De Rose: “È stato amore al primo tuffo!”

Alessandro De Rose è giovane, bello, allenato e soprattutto l’unico a rappresentare l’Italia nei tuffi dalle grandi altezze. Aveva 6 anni quando ha iniziato a tuffarsi: era grassoccio, come ammette lui stesso, e iniziava ad avere problemi con la schiena. Il medico suggerì ai suoi genitori di portarlo a nuotare e, come spesso accade, il provino rivelò la sua vera natura. Glielo fece quello che di lì a poco sarebbe diventato il suo primo allenatore, Gaetano Aceti: lo fece tuffare in acqua, tornare in dietro riprovare e riprovare. Appena finito, lo portò con lui a fare i tuffi, subito. Aceti è stato la figura più importante perché gli ha insegnato ad amare questo sport, che non ha più abbandonato. Ecco cosa ha raccontato a Ragazza Moderna quando l’abbiamo incontrato.

Come sei passato ai tuffi dalle grandi altezze?

A 15 anni ho smesso di tuffarmi perché morì mio papà e non avevamo i soldi per pagare la retta in piscina, ma ricominciai poi a 17 anni, a Zoomarine dove dissi che mi sarei tuffato solo da 3 e da 10 metri. Dopo un po’ di tempo chiesi ai ragazzi che si tuffavano da più alto perché lo facevano. Mi dissero che si beccavano più soldi e così ho deciso di farlo anche io. Dopo il primo tuffo è stato amore: mi sono innamorato della sensazione e quando c’era la possibilità di farlo lo volevo fare sempre io. Poi pian piano ho iniziato a fare sempre qualche cosa in più finché la RedBull mi ha invitato a Macesine dove ho provato i programma più semplice che facevano i ragazzi e con cui avevano più risultati. Poi è stata tutta passione, è diventata come una droga: è l’adrenalina, ma anche il vento, l’accelerazione la sensazione che stai controllando il tuo corpo.

Cosa pensi quando sei sulla piattaforma?

Prima penso le cose peggiori, tutto ciò che di sbagliato può succedere. Poi sulla piattaforma cerco di annullarmi, faccio un respiro profondo e da quel momento elimino tutto quello a cui ho pensato prima e inizio a concentrarmi solo sul tuffo fatto bene. Uno, due, tre e parto.

Come si svolgono i tuoi allenamenti?

Per di più in piscina, purtroppo la mancanza di strutture e location adatte per tuffarsi da quelle altezze e soprattutto i rischi che si corrono non ci permettono di allenarci tantissimo fuori dalle piscine. Il problema è l’impatto con l’acqua soprattutto, quindi anche se ci fossero le strutture non potresti comunque farlo tutti i giorni. È invasivo come sport.

Quanto incide questo sulla preparazione?

Il problema è tutto mentale: non avendo la possibilità di provare tante volte i tuffi quello che ti frena è la testa. In realtà i tuffo l’hai fatto un miliardo di volte: se lo fai da 10 metri e la partenza è giusta, sai cosa stai facendo e hai il controllo di quel tuffo, la tempistica è uguale. Devi continuare a ripeterti che è la stessa cosa. Se riesci a convincere te stesso che stai facendo quello che hai già fatto un miliardo di volte hai vinto tu.

Com’è una tua giornata tipo?

Normalmente mi sveglio presto la mattina, porto fuori il cane e nel frattempo mi devo ricordare se ho lasciato il latte o se non ho nulla di dolce a casa perché se torno a casa e non c’è la colazione la mia ragazza mi lincia. Poi nel periodo invernale prendiamo il motorino e vado ad allenarmi torno a casa mangio velocissimo, riso con qualche verdure. Fortunatamente la mia ragazza mi dà una mano a tenermi a dieta. Intano riporto di nuovo fuori i cane e il pomeriggio alleno i ragazzini. Poi torno a casa, cena e si ricomincia.

E quando non ti alleni?

Sono un grande appassionato di Tim Burton. Poi gioco, mi sono appassionato di giocoleria, ho iniziato da poco ma mi piace moltissimo. Poi suono la chitarra, piace cucinare e se al massimo è una bella giornata vado a fare una passeggiata al parco con la mia ragazza.

Tu sei stato il primo italiano a partecipare ai Mondiali, lo scorso anno a Kazan.

È stata l’esperienza che mi ha cambiato la vita perché a Kazan ho raggiunto un sogno: andare ai mondiali con i colori della mia Patria, io lì ero l’Italia che faceva quello sport. E poi è stata la prima gara in cui ho preso dei 9 e quindi parlando anche con uno spagnolo ho realizzato che se l’ho fatto i quel tuffo potevo farlo in tutti i tuffi e da lì è scattato qualcosa nella mia testa e mi sono detto: voglio diventare grande.

 

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